Conversazione con l’ambasciatore Maurizio Massari, rappresentante permanente dell’Italia all’Onu.
a cura diConversazione con l’ambasciatore Maurizio Massari, rappresentante permanente dell’Italia all’Onu.
a cura di Lucio Caracciolo
LIMES Con la guerra d’Ucraina è emerso un nuovo divario tra l’Occidente canonico e il resto del mondo all’interno delle Nazioni Unite?
MASSARI Il conflitto in corso ha complicato il rapporto tra Occidente e Sud globale. A causa della sostanziale paralisi del Consiglio di sicurezza, l’Assemblea Generale ha adottato finora diverse risoluzioni. Tre di queste sono passate a grande maggioranza (oltre 140 voti favorevoli) per l’evidente violazione della Carta delle Nazioni Unite circa l’integrità territoriale, la difesa della sovranità e l’indipendenza degli Stati. La prima deplora l’azione militare di Mosca contro Kiev, la seconda chiede la facilitazione dell’intervento umanitario Onu in territorio ucraino, la terza condanna i referendum farsa sull’annessione di quattro regioni ucraine da parte della Russia.
Questa ampia maggioranza, tuttavia, non elimina le forti divisioni e le diverse sensibilità sulla guerra. Ad esempio, in occasione del voto per la sospensione della Russia dal Consiglio dei diritti umani o per l’apertura di un registro per i danni di guerra il numero dei favorevoli è calato (solo 93). I paesi del Sud globale non vogliono che si creino precedenti potenzialmente pericolosi nel caso in cui si trovassero essi stessi in situazioni critiche.
A differenza dell’Occidente che considera questo il conflitto principale del nostro momento storico, il Sud globale lo vede solo come uno dei tanti e ne teme soprattutto le ripercussioni economiche, sociali ed energetiche. Questi paesi invocano quindi una forte azione diplomatica che metta fine alla guerra, motivo per cui l’Assemblea ha inserito nella risoluzione sui referendum farsa un paragrafo che sottolinea proprio la necessità di una risoluzione in tal senso.
Separatamente, il risentimento latente di questa parte di mondo imputa all’Occidente di utilizzare doppi standard sui conflitti e sulle violazioni dei diritti. A partire dal 24 febbraio scorso i paesi occidentali sono anche rimproverati di essersi distratti dall’impegno su questioni più pressanti per il resto dei paesi come l’emergenza climatica, la sicurezza alimentare e il debito nazionale.
LIMES Lo stallo del Consiglio di sicurezza mette a nudo l’incapacità dell’Onu di intervenire in questa guerra. L’organizzazione è all’altezza dei tempi oppure va cambiata?
MASSARI Il blocco del Consiglio sulla questione ucraina era scontato in quanto uno dei membri permanenti con diritto di veto, la Russia, è parte in causa del conflitto. Eppure in questi mesi i cinque membri permanenti hanno comunque adottato risoluzioni importanti, come il rinnovo dei mandati di quasi tutte le missioni di pace.
Mosca ha approvato il rinnovo della missione in Libia per un anno e non per un semestre come accadeva in precedenza. Questo perché il consigliere speciale del Segretario generale per la Libia, l’americana Stephanie Williams, sgradita ai russi, ha terminato il suo incarico ed è stata sostituita dal senegalese Abdoulaye Bathily. Si pensava anche che Mosca si sarebbe opposta al rinnovo della missione a guida europea in Bosnia, “Althea”. Invece ha dato il via libera anche per evitare che una mancata riconferma potesse preludere a un coinvolgimento diretto della Nato. La missione sul contrasto alla pirateria nel Golfo di Guinea che non veniva rinnovata da dieci anni è stata altresì approvata a fine novembre.
Per i russi il Consiglio di sicurezza incarna il concerto massimo delle potenze. Se cessasse di funzionare, Mosca vedrebbe negata la sua concezione di governance globale, intesa come gestione degli affari internazionali. Il suo interesse a mantenerlo operativo è quindi evidente. Ciò detto, qualcosa deve cambiare. Il dibattito sulla riforma del Consiglio si è riattivato con maggiore intensità, soprattutto perché paesi come l’India, il Brasile e quelli africani rivendicano un ammodernamento della sua composizione.
LIMES Per i cinque membri permanenti il tempo sembra fermo alla fine della seconda guerra mondiale.
MASSARI Sì, ma non solo. La questione è come riformare la composizione del Consiglio di sicurezza e in prospettiva altri consessi come il G20. Su quest’ultimo vertice, ad esempio, pende una richiesta dell’Unione Africana di ottenere rappresentanza. Il tema correlato riguarda proprio l’Africa che nel G20 è presente solo attraverso il posto assegnato al Sudafrica. Benché nel 2030 raggiungerà i 2 miliardi e mezzo di abitanti, il continente si trova ancora estromesso dai meccanismi della governance globale.
LIMES Com’è percepita alle Nazioni Unite la posizione cinese su questa guerra?
MASSARI Soprattutto negli ultimi mesi la Cina ha chiarito di non volere questo conflitto per via dell’instabilità generata sul piano economico globale, sulle catene di approvvigionamento, sul disaccoppiamento (decoupling), eccetera. Pechino ha palesato il suo disagio in maniera più insistente a partire dal vertice di Samarcanda fino all’ultimo G20.
La Repubblica Popolare ha però lasciato intendere di non considerare la sua leva sulla Russia sufficientemente forte per convincere Vladimir Putin a sedersi al tavolo delle trattative. La domanda è se si tratta davvero di una mancanza di influenza o piuttosto se la partnership tra Russia e Cina viene vista da Pechino come una leva nella competizione con l’Occidente. Malgrado i suoi limiti, l’intesa con Mosca serve a Pechino almeno fino a quando i termini della rivalità con Washington non saranno precisati. Non credo che la Cina abbia ora particolare interesse a distaccarsi dal sodalizio con la Russia.
LIMES Chi sta svolgendo un ruolo inatteso in questa sfida è l’India. È diventata un pezzo grosso?
MASSARI Assolutamente sì, e probabilmente non è il tipo di attore che l’Occidente si auspicava potesse essere. Nuova Delhi pensa a sé stessa come una grande potenza che si fa portavoce di un’agenda “sviluppista” per il Sud globale basata sulla revisione delle regole dell’ordine economico mondiale e dell’architettura finanziaria internazionale. Come membro non permanente nel Consiglio di sicurezza, l’India in questo biennio ha dimostrato di essere una democrazia spiccatamente sovranista, con una politica estera che risponde al proprio interesse nazionale e che non aderisce necessariamente alle posizioni occidentali. Tant’è vero che si è sempre astenuta dal votare le risoluzioni sull’Ucraina e non applica le sanzioni alla Russia. Al contrario, vi intrattiene relazioni sul piano energetico e della cooperazione militare.
Su tante altre questioni dibattute all’interno del Consiglio, ad esempio sul Myanmar, l’India si è schierata con russi e cinesi, contrariamente alle aspettative iniziali dell’Occidente. Inoltre, mentre i paesi occidentali cercano di introdurre delle discussioni formali in Consiglio sul nesso sempre più attuale tra clima e sicurezza, l’India, il Brasile, la Cina e la Russia respingono questo legame.
Parallelamente, l’India reclama con crescente assertività un seggio permanente nel Consiglio di sicurezza facendo leva sul suo peso demografico ed economico. Questo è un tema delicato perché sia Nuova Delhi sia Pechino figurano tra i paesi in via di sviluppo (devoloping countries). Eppure, l’India diventerà nel prossimo decennio il paese più popoloso del pianeta ed è da poco diventata la quinta potenza economica mondiale, superando il Regno Unito. La Cina è già la seconda al mondo.
LIMES Insomma abbiamo delle categorie un po’ vetuste.
MASSARI Sì. Sebbene l’Occidente metta a disposizione una grande quantità di risorse per ridurre il divario tra Nord e Sud del mondo, questa contrapposizione non corrisponde più alla realtà di potenza in via di formazione.
LIMES All’interno dell’Onu che ruolo svolgono i Bric? Esistono?
MASSARI I Bric non esistono come gruppo costituito, ma esistono di fatto in quanto India, Cina, Russia e Brasile adottano spesso un approccio comune su molti dossier, ad esempio sulla questione climatica e securitaria e sul principio di non ingerenza nel conflitto interno al Myanmar. Su queste potenze economiche e demografiche c’è un malinteso di fondo da chiarire: paesi come India e Brasile, pur essendo delle democrazie, non sposano necessariamente le priorità occidentali.
LIMES A che punto è la storica battaglia dell’Italia per impedire che Germania e Giappone entrino nel Consiglio di sicurezza come membri permanenti?
MASSARI Procede, sempre meno in sordina. La paralisi del Consiglio per via del conflitto russo-ucraino ha rinvigorito le voci in favore di una sua riforma a partire dai quattro paesi che rivendicano un seggio permanente: la Germania, il Giappone, il Brasile, ma soprattutto l’India. Anche i paesi africani, da parte loro, chiedono due seggi permanenti e insistono sulla necessità di ottenere il diritto di veto, in base al principio di pari dignità con gli attuali cinque membri permanenti.
La questione principale rimane il diritto di veto perché aggiungendo altri membri permanenti con diritto di veto non si risolve la paralisi del Consiglio, anzi la si complica. La proposta italiana – sostenuta da un ampio numero di paesi come Canada, Corea del Sud, Turchia, Spagna, Argentina e Messico – non è diretta contro nessun specifico paese. Vuole invece rispondere all’esigenza di maggiore rappresentatività di Africa, Asia e America Latina, allargando il Consiglio attraverso seggi non permanenti. Così evitando la creazione di nuovi privilegi (ovvero di altri diritti di veto) che bloccherebbero ulteriormente l’attività del Consiglio. Per i paesi più ambiziosi, la nostra idea prevede la possibilità di seggi con un mandato più esteso, nonché la rieleggibilità fino anche a otto anni continuativi.
Il criterio della elezione è la scriminante fondamentale. Se un paese è eletto dai 193 paesi dell’Assemblea Generale sarà responsabile di fronte all’intero consesso delle nazioni, mentre se diventa membro permanente risponderà solo a sé stesso. L’Italia spera che l’elemento di realismo e democrazia insito nella sua proposta possa costituire la zona di atterraggio di questo lunghissimo dibattito. Anche perché, ricordiamolo, la maggioranza dei membri permanenti non è disposta ad aumentare il numero dei componenti permanenti del Consiglio con eguale diritto di veto.
LIMES Ciò significa che c’è qualcuno tra loro disposto ad allargarlo?
MASSARI Francia e Regno Unito si sono espressi apertamente in favore delle rivendicazioni sull’allargamento del Consiglio a nuovi membri permanenti dei paesi del G4. Recentemente anche gli Stati Uniti si sono detti più favorevoli alle aspirazioni dei paesi del G4 e dell’Africa a divenire membri permanenti, facendo tuttavia intendere di non volere alterare gli attuali equilibri sul diritto di veto. Russia e Cina hanno invece un approccio più selettivo, seppur diverso anche tra loro. In generale c’è cautela da parte di tutti cinque gli Stati sul tema dell’attribuzione del diritto di veto a potenziali nuovi membri permanenti.
Link all’intervista: https://www.limesonline.com/la-guerra-riaccende-la-faida-tra-sud-del-mondo-e-occidente/130295?__vfz=medium%3Dsharebar