Carissime amiche e carissimi amici,
Eccellenze,
Signore e Signori Delegati
Signore e Signori
incontrarvi oggi per me, va oltre l’emozione della circostanza; ciò che desidero farvi arrivare dal mio profondo è la gioia sincera per l’orgoglio del traguardo conquistato nella lotta contro la pratica delle mutilazioni genitali femminili.
E’ la vittoria di coloro che, con determinazione e volontà, si sono imposti per l’affermazione netta dei diritti delle donne e delle bambine.
Questo lungo tortuoso percorso arriva da lontano: parte dal coraggio di alcune donne senegalesi che sedici anni fa gridarono con forza fra la loro gente, la volontà di abbondare questa pratica, per rispetto di sé stesse ma soprattutto per loro figlie, sorelle e nipoti.
Tanto è bastato perché, nell’arco del tempo, più anime, più voci provenienti da ogni parte del mondo, si unissero per dire basta a questo “abuso irreparabile e irreversibile”.
Sappiamo come le mutilazioni genitali femminili siano troppo spesso interpretate come una convenzione sociale e una pratica tradizionale interiorizzata dalle donne, dagli uomini e dalle comunità dei paesi dove sono diffuse come una tappa “naturale” nello sviluppo della persona di sesso femminile, un evento che definisce l’identità di genere e conforma la bambina e futura donna al ruolo e ai comportamenti assegnati alle donne.
Un passaggio finora considerato inevitabile, pena il rischio di essere emarginate dalla propria comunità, che invece anche intorno e su questa pratica costruisce il proprio tessuto di relazioni e legami.
Mi piace, pertanto, ricordare che tutto sia partito proprio dalle donne africane, dalla loro strenua volontà di garantirsi una vita, declinata nei vari aspetti da quello fisico, psicologico e non ultimo quello sociale, nella piena consapevolezza dei diritti del proprio “essere donna”.
L’adozione della Risoluzione “Intensifying global efforts for the elimination of female genital mutilations”, da parte dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, ha segnato il punto di differenza che ci fa ritrovare qui con una rinnovata responsabilità, ma anche con un sincero motivo di orgoglio e soddisfazione.
La ferma condanna dell’ONU contro le escissioni suggella il successo di uno sforzo ampio ed intenso oltre che il punto di arrivo, nel percorso impervio dell’affermazione della tutela dei diritti umani, al quale si è arrivati grazie sì alla perseveranza del Gruppo promotore di paesi africani ma anche al sostegno di organizzazioni non governative e di Stati, come l’Italia, che hanno creduto fermamente in questa battaglia.
Ed è fuori di dubbio e con fierezza posso affermare che al conseguimento di questo risultato significativo ha contribuito attivamente a raggiungerlo anche l’Italia.
I rapporti da noi intrapresi con il Gruppo africano ci hanno permesso di sostenere politicamente e diplomaticamente l’azione europea presso l’ONU.
Vorrei inoltre ricordare in questa sede l’importante ruolo svolto dall’ UNICEF e dall’ UNFPA per il rafforzamento degli impegni politici e delle partnership nazionali ed internazionali, per favorire il raggiungimento dell’eliminazione della pratica.
Dal 2008 infatti, data di nascita del programma congiunto UNFPA-UNICEF sulle mutilazioni genitali femminili, circa 10.000 comunità in 15 Stati, equivalenti a quasi 8 milioni di persone, hanno posto fine a questa terribile pratica, cio’ e’ stato possibile grazie all’applicazione del cosidetto social norm approach, che interpreta le mutilazioni genitali femminili non solo come una pratica lesiva dei diritti umani e della salute delle donne ma anche come il risultato di condizionamenti sociali e culturali.
Un risultato eccezionale frutto di un lavoro eccezionale che non deve essere interrotto, ma bensì potenziato, soprattutto attraverso un sistema di finanziamento adeguato anche per le future annualità.
Sul piano nazionale, l’Italia molto ha fatto ed altrettanto continua a fare in questa direzione. Come saprete, la nostra legge nazionale, la Legge n. 7 del 9 gennaio 2006 “Disposizioni concernenti la prevenzione e il divieto delle pratiche di mutilazione genitale femminile” ha posto le fondamenta del primo impianto legislativo. Da rilevare che tale iniziativa legislativa – resasi opportuna in Italia alla luce delle numerose comunità immigrate che applicano tale pratica – è stata espressamente annoverata tra le “best practices” individuate in questo settore dal Segretario Generale delle Nazioni Unite nel suo recente rapporto (2011) “Ending female genital mutilation”.
In questo contesto desidero, inoltre, ricordare l’adozione della recente legge del 2013 sul “femminicidio” (Decreto Legge n. 93/2013 convertito nella legge n.119 del 15 ottobre 2013) che ha introdotto il gratuito patrocinio per le vittime di mutilazioni genitali femminili, in linea con quanto previsto dalla Convenzione del Consiglio d’Europa di Istanbul sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica.
Ma sappiamo bene che gli strumenti normativi costituiscono sì un punto di partenza per la difesa dei diritti, ma da soli non sono sufficienti per la loro affermazione.
Ed è infatti su questa linea che il Governo italiano ha voluto destinare alle Regioni, nell’ultimo anno, altre significative risorse, circa 3 milioni di euro, per il sostegno di progetti finalizzati alla messa in atto di modelli di intervento innovativi e sperimentali, di cosiddetto “Social approach”, finalizzati all’attuazione di una strategia di un sistema nazionale per favorire l’integrazione sociale di donne e minori vittime o potenziali vittime di tali pratiche.
Di questo intervento nazionale beneficeranno le amministrazioni locali, la società civile e soprattutto le comunità straniere; consapevoli del fatto che, perché la pratica sia davvero avviata alla scomparsa, occorre intervenire facilitando un percorso di integrazione delle donne e delle bambine, che valorizzi i benefici della volontà di abbandonare le MGF nel più ampio orizzonte etico-culturale dei diritti delle donne, delle pari opportunità, della libera scelta e della partecipazione.
Ed oggi siamo qui chiamati a compiere un ulteriore passo nel cammino dell’affermazione dei diritti delle donne: quello di dirigere i nostri sforzi per dare effettiva efficacia alla Risoluzione, che di per sé – come ben sappiamo- non rappresenta un atto legalmente vincolante. In tale prospettiva, lasciatemi ricordare la Conferenza internazionale “ Intensifying global efforts for the elimination of female genital mutilations”, organizzata dalla Cooperazione allo sviluppo del Ministero degli Affari Esteri congiuntamente con UNFPA e UNICEF lo scorso mese di ottobre a Roma, per dare concreta attuazione alle misure contenute nella risoluzione 67/146 dell’UNGA. L’evento è stato aperto da una Giornata di Alto Livello a cui hanno preso parte i rappresentanti di oltre 30 Governi e parlamentari, società civile, difensori dei diritti umani, istituzioni regionali intergovernative e le agenzie delle Nazioni Unite. Con la dichiarazione finale “Moving Forward” della Conferenza, inclusa nei documenti adottati dalla 68ma Sessione dell’Assemblea Generale (A/68/640), i partecipanti hanno identificato azioni da intraprendere nei paesi, nelle regioni e in ambito internazionale con il duplice obiettivo di far avanzare l’abbandono della pratica e al contempo di affermare il diritto delle ragazze e delle donne alla non discriminazione.
Un fenomeno, quello delle mutilazioni genitali femminili, verso il quale non bisogna mai “abbassare la guardia”. La diffusione di queste pratiche, come sappiamo dai nostri interventi sul campo, rappresenta una delle “contraddizioni” dilaganti e silenziose dell’integrazione: perché a tali pratiche continua ad essere attribuita una forte valenza simbolica, come lo “stigma” di un’identità culturale da difendere e trasmettere.
E’ mia ferma convinzione che le generazioni future saranno toccate da questa violenza in misura sempre minore, se sapremo costruire un mondo in cui le donne possano davvero esercitare i loro diritti su un piano di uguaglianza di genere, dove possano godere di pari opportunità nell’accesso all’istruzione, al lavoro e alle cariche decisionali.
Si tratta ora di dare concretezza a questa convinzione con politiche nazionali ed internazionali in grado di rimuovere alla radice le pratiche di mutilazione. E questa sarà la nuova sfida sulla quale ci dovremo confrontare, affinchè si segni un ulteriore traguardo nell’affermazione ed il rispetto dei diritti umani.
Grazie